Caro pupo di zuccaro,
devo confessarti che da un po’ di tempo, nel buio delle sale cinematografiche, al riparo da occhi indiscreti, capita spesso di commuovermi dinanzi a storie che poggiano sulla delicatezza dei sentimenti, sulla pienezza dei silenzi che non imbarazzano, sulla solidità dei pochi principi che ci poniamo come guida.

Sarà che troppe gocce iniziano a perdersi in quella fiumana che chiamiamo vita. Sarà che le domande sono sempre più delle risposte e le certezze, le mie certezze, hanno bisogno di essere alimentate dalla dolcezza dei piccoli gesti. Sarà che ho cominciato a distinguere con più chiarezza quali sono le priorità nel sempre più ristretto campo delle possibilità.

Le nostre sono cronache contro lo svanire. Così dicevamo quando la letteratura ci sembrava l’unico modo per confrontarci e misurarci con la realtà. Del resto, pur ingenui com’eravamo, abbiamo sempre saputo che non siamo altro che il ricordo che lasciamo. Oggi non ti nascondo che credo meno nelle parole: nella loro presa, nella loro resa, nella loro difesa. Chissà domani.

Sempre tuo, Alessandro

 

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