Palermo è capitale della Cultura 2018 e a me viene automatico chiedermi per quale proposta culturale si è distinta fra le altre città negli ultimi decenni. Quali meriti ha Palermo che possono valere un titolo del genere? Dovessi elencare alcune voci in cui inscrivere l’identità culturale della nostra città, penserei subito alla pittura di Andrea Di Marco (autore dell’opera qui sopra, Accrocchio, 2011), alla musica di Federico Incardona; al teatro di Michele Perriera, alla poesia di Franco Scaldati. Entrati nel gioco dei nomi però, si passa con altrettanto automatismo alla domanda su chi deciderà quali artisti fare e non fare esibire all’interno degli eventi legati a questo circo.
La nomina di Dacia Maraini in cima alla piramide (presidente ufficiale del comitato scientifico) ha aperto un mar Rosso di polemiche e apprezzamenti: muraglia di accuse da un lato (“è lontana dalla nostra città”), muraglia di complimenti dall’altro (in primis da parte del sindaco che le ha offerto la carica). Io mi auguro solo che Maraini riesca a riagganciare la cultura che respirò da noi tantissimi anni fa – prima di trasferirsi altrove – e possa guidare la baracca includendo, accanto ad Ale e Franz e tutti gli artisti portati dai finanziamenti Mediolanum e da altri “esterni” che verranno, le autentiche voci della città che è stata scelta.
Voci che, malgrado la scomparsa di tutti i nomi che portavo come esempio all’inizio, ancora risuonano nelle strade ormai vendute ai turisti affamati di folclore e patatine olandesi, paghi di un loculo in cui dormire dopo il giro notturno nella mega fiera di paese che è diventato il centro storico, dove le librerie sono state sostituite dai negozi di mutande o dall’omologazione firmata Oviesse. La lista delle voci autentiche della città, peraltro, è fatta anche da molti altri artisti, alcuni amici miei, vivissimi e ancora attivi ogni giorno in quel deserto che spesso alimenta miraggi fiabeschi ma taglia le gambe al primo passo verso l’oasi, verso il giardino che sogni di coltivare.
Spero insomma che questa bella occasione non diventi l’ennesima voragine in cui fare svanire il sogno di una città migliore – come, di recente, è successo alla biblioteca regionale di corso Vittorio Emanuele, che per l’ignavia dell’assessorato si è fatta scappare oltre un milione di euro per il restauro dei locali. Perché Palermo ormai è una delle capitali più feconde anche del disegno italiano, grazie alla sua Scuola del Fumetto. Perché, per fare un altro esempio, è anche una delle più attive fucine musicali degli ultimi anni, dove oltre ai meravigliosi indipendenti – dal cantautorato de L’omino e i suoi palmipedoni (molti brani li trovate nel nostro canale) alla musica strumentale dei Forsqueak, passando per gruppi storici ancora attivi (i Dasvidania fra poco pubblicheranno il nuovo album) – etichette come la Indigo producono Bondì, Dimartino, Carnesi, La rappresentante di lista e altri nuovi progetti come IO, svolta pop del duo Irene Ientile e Ornella Cerniglia, che con il singolo Diventano mare ha già avuto ottime critiche.
Perché Palermo, in definitiva, ha la sua voce autentica nelle storie dei tanti, più o meno silenziosi, che puntano ancora le vele controvento. A loro e agli organizzatori auguro davvero un buon lavoro: sappiano rilanciare la vera cultura della città oltre i sipari del già visto.