Caro pupo di zuccaro,
devi sapere che, in Italia, tutti vogliono la rivoluzione ma preferiscono fare le barricate con i mobili degli altri. Lo diceva Flaiano cinquant’anni fa, lo penso ancor oggi quando ritorno nella scuola che per un giorno si è trasformata in seggio elettorale. Si dirà che viviamo tempi liquidi, fluidi, che non hanno bisogno di contenuti ma soltanto di qualche flessibile contenitore. Si dirà che vogliamo vivere di sensazioni, rinunciando ai ragionamenti. Si dirà, appunto.
In questo Paese al quale non interessa più il percorso ma il risultato, stiamo perdendo di vista cosa abbiamo sotto i piedi: una strada dissestata, lastricata di pressapochismo e qualche buona intenzione. Si parla di responsabilità in modo irresponsabile verso la propria storia, si discute di confronto in un dialogo che si tramuta presto in affronto, si cerca di trovare profondità in pozzanghere vaste come le nostre sicurezze.
Arrovellandoci in argomentazioni funzionali alla sopravvivenza delle nostre bolle, non sappiamo più in quale direzione andare. Idealizziamo una rotta che non riusciamo a seguire, incapaci di affrontare le onde di una realtà che travolge ogni tipo di aspettativa. D’altronde non sappiamo più dove si trovino la poppa e la prua, interessati come siamo a dir per primi di aver avvistato la terra ferma. Pesci d’acqua dolce, ci siamo trovati nella vastità del mare salato.
Sempre tuo, Alessandro