di Donatella Piazza

Se tutto questo fosse una serie tv, l’ultimo episodio sarebbe stato preannunciato come un inaspettato e tormentato finale di stagione, con tanto di pandemia, degna dei migliori film del ciclo “Alta tensione” che regalavano qualche brivido nelle calde estati degli anni ’90.

Oggi per me è un secondo Capodanno e si sa che, nonostante a molti dia fastidio la cosa, è il momento dell’anno in cui si tirano le somme e si fanno bilanci.

È iniziato tutto in un nevoso febbraio di sette anni fa. Con una valigia piena solo dell’indispensabile, con la consapevolezza che al resto avrebbe pensato Primark, lasciavo il mio paese e cambiavo vita. Iniziavo un’avventura nuova in un mondo sconosciuto e in un paese di cui avevo solo sfiorato la conoscenza durante pochi giorni di vacanza qualche estate prima. Birmingham, prima, era solo un nome sulla lista dei voli Ryanair da 9.90 che un tempo partivano da Trapani e che, poi, quando ne avrei avuto bisogno, hanno cancellato. Poi è diventata la mia casa.

L’impatto è stato strano; freddo, nel vero senso della parola, perchè fu, forse, l’inverno più freddo dei sette trascorsi. Così, per prepararmi al meglio a tutto quello che sarebbe stato.

Per rendersi conto che l’inglese studiato a scuola con la bella pronuncia del signore delle cassette (sì, ho fatto la scuola quando ancora si ascoltavano le musicassette) era totalmente differente da quello parlato a Birmingham è bastato poco. Fu quando invece delle chips da “five” pounds continuavano a chiedere “fava, fava”. Ma un sorriso ti tira fuori dal 90% delle situazioni di incomprensione; il restante 10% è quando qualcuno si aspetta una risposta e tu continui a sorridere ed annuire mentre il tuo interlocutore attende paziente, smarrito. E a suon di “sorry” e “say it again” (una delle prime espressione imparata dai locali) i mesi scorrevano e tutto cominciava a diventare più fluido. Con il tempo, i suoni incomprensibili diventavano parole a cui rispondere e non solamente sorridere.

Il tempo in cui ho capito che stavo lavando i vestiti semplicemente con l’ammorbidente, e che il succo di frutta che stavo comprando era quello concentrato e che andava diluito, fu quello necessario a far sciogliere la neve  dalle strade ed a rompere il ghiaccio con la nuova situazione.

Ma fu quando ho fatto la mia prima English breakfast ed ho ceduto ad uova e bacon alle 8 del mattino che ho avuto la certezza  che stavo percorrendo la strada giusta e che avevo capito che dovevo guidare a sinistra.

L’Inghilterra mi ha dato tanto ma, allo stesso tempo, mi ha forse fatto apprezzare di più il mio Paese: l’Italia, con i suoi innumerevoli difetti e i suoi, a volte dimenticati e sottovalutati, pregi, anch’essi talvolta scambiati per difetti. L’Inghilterra con la sua burocrazia semplice e con i servizi facilmente accessibili. Con i treni, inizialmente complicati da prenotare, ma poi quasi sempre puntuali. L’Inghilterra dove anche a 50 anni puoi cambiare lavoro e trovarne uno nuovo. L’Inghilterra del tè ma anche quella delle tante pinte di birra, comprate anche due alla volta, come presi dalla paura che possano sparire tutti i fusti da un momento all’altro. Ma, forse, una delle cose per cui sarò più grata a questa esperienza britannica è aver avuto la possibilità di conoscere gente di diverse parti del mondo. Il lavoro da croupier mi ha fatto scoprire lati diversi del mio carattere. Mi ha fatto confrontare anche con persone arroganti e maleducate come, del resto, si trovano in tutto il mondo. Il tutto, però, in una lingua diversa, nuova anche se studiata per tanti anni a scuola.

Mi ha fatto scoprire cibi nuovi, paesaggi nuovi, profumi e sensazioni nuove. Scoprire modi di vivere e abitudini. Sconvolgermi per situazioni che sembravano ovvie.

La cosa che alla fine mi ha reso felice è che, anche qui, ho conosciuto persone che porto con me nei ricordi e che si sono sistemate nel mio cuore con la loro piacevole presenza. Il tempo passato qui mi ha lasciato senza dubbio un segno indelebile e l’idea di poter tornare a casa, non solo con tanti scatoloni, ma, quello che più conta, con il cuore più pesante (quello non lo pesa Ryanair).

Per passare dallo stupore per qualcuno vestito da Spider-Man, da Scooby-Doo o da Cappellaio Matto che facevano la spesa in una qualsiasi giorno feriale, a guardare con normalità due ragazzi che tenevano per mano una scimmia gonfiabile con mascherina chirurgica ci è voluto un po’… Ma la naturalezza con cui vivono certe situazioni è impareggiabile.

Ti abitui a tutto: alla guida a sinistra, alle diverse prese elettriche e che devi ricordarti di comprare un adattatore se vuoi asciugarti i capelli, visto che hai ritenuto l’asciugacapelli uno degli oggetti indispensabili da portare dall’Italia. Ti abitui al caffè espresso sempre troppo lungo. Ti abitui a convertire le unita di misure: inches anziché centimetri, stones o pounds anziché chilogrammi; che la tua taglia 38 di scarpe è diventata una taglia uk 5.

Ti abitui al cielo grigio, quasi ogni mattina, quando guardi fuori dalla finestra. No, forse, venendo dal Sud, a quello fai fatica ad abituarti, ma riesci a considerare speciale ogni giorno di sole.

Ti abitui alle molte identità, ad avere il tuo nome associato alle Tartarughe Ninja e al fatto che molti pensassero che il nome derivasse da quello o da quello della stilista Versace. E trovi la cosa anche simpatica… Per un po’.

Riguardo le foto che, con la bassa qualità dei dispositivi di 7 anni, mi mostrano e mi fanno tornare alla mente lo stupore dei primi tempi.

È ora di tornare a casa.

Non è mai troppo tardi per ricominciare e questo l’esperienza nel Regno Unito me lo ha confermato. Così è tempo di ricominciare. Una nuova esperienza e una nuova avventura.

Se la mia vita fosse una di quelle collezioni con uscite quindicinali in edicola sarebbe “Lavori per cui ti chiederanno: ma in pratica cosa fai?”.

Grazie di tutto Inghilterra, ti sono grata e, in un modo o nell’altro, alla fine un po’ di bene ti voglio… Ma mai ho ceduto e mai cederò al latte nel tè e all’aceto nelle patatine fritte!

Donatella torna sulle colonne dei Pupi di Zuccaro, 7 anni fa aveva raccontato l’arrivo a Birmingham. Sette anni dopo, è tempo di ripartire. Stavolta per tornare in Italia.

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