Un nuovo personaggio dalla penna del giornalista-scrittore Gianluca Ferraris che continua ad ambientare i suoi gialli a Milano, città in cui l’autore vive e lavora. Perché quello tra Milano e Ferraris è un nodo che dura più del suo legare, come lui stesso ci ha raccontato tempo fa:

«Senza scomodare Steinbeck e il suo “scrivi solo di ciò che sai”, mi accontento di rispondere che quello tra Milano e il noir è un matrimonio funzionante perché entrambi hanno questa caratteristica comune: non esistono quasi più buoni e cattivi in senso assoluto, ma solo un’immensa zona grigia dove diventa difficile distinguere, scindere, interpretare. Chiariamoci: io amo questa città, che mi ha accolto e mi ha dato l’opportunità di realizzarmi, e la trovo molto più piacevole, viva e accogliente di quanto la trovino i miei personaggi in pagina. In questo, forse, sta la differenza più marcata fra città percepita e città di cui scrivo. Ma se pensiamo alla parabola attraversata dal capoluogo lombardo negli ultimi anni non possiamo nasconderci come quella zona grigia di cui parlo abbia continuato a estendersi, e come una certa coesione sociale si sia sfilacciata, un po’ a causa degli eventi e un po’ a causa di certi agitatori di professione che soffiano sulla paura. Su qualunque paura. Anzi, talvolta ho l’impressione che proprio la piega presa dagli eventi abbia finito per condizionarci, sia sul piano narrativo che dal punto di vista dell’approccio. La cronaca nera è diventata una compagnia quotidiana: sovraesposta, twittata, urlata, brandita come una clava, masticata e sputata. Se da un lato continua a offrire spunti eccezionali, che neppure la mente più deviata riuscirebbe a partorire a freddo, dall’altro ci ha avvicinati troppo – tutti: scrittori e lettori – al police procedural. Dunque tracciare un percorso cadavere-indagine-assassino non basta più. A noi giallisti tocca trasformare i nostri libri in piccoli cloni della ricerca di Staid sulla marginalità urbana. Tocca scavare i comportamenti, individuare le dinamiche: il che significa indagare sull’incesto fra città legale e illegale, se sei a Roma. O sul loro rapporto quasi dialettico, se ti trovi a Milano. Ma può significare anche ingannare il lettore. Non depistarlo: intendo proprio ingannarlo. Gli scrittori di genere che preferisco – shortlist non esaustiva: Hammett e Chandler, Scerbanenco, McBain, Carlotto, Dazieri, Machiavelli, Winslow, ma pure la Christie quando evade dalle stanze chiuse e King che gioca in un altro campionato – sono dei virtuosi dell’ ambiguità e risultano altrettanto virtuosi nel portare il lettore là dove vogliono, con poca fretta e senza che lui se ne accorga. Dunque, quale scenario migliore di una città viva, pulsante, contemporanea e vera, benché destrutturata dall’esigenza dell’autore? Dove quest’ultimo può concedersi tutte la libertà di movimento di cui necessita, mentre i suoi protagonisti e chi ne segue le gesta viaggiano a tentoni come dentro un labirinto degli specchi. Ecco, questa in fondo è la Milano che volevo raccontare”.

«Bar e tribunali sono i luoghi in cui ho vissuto i momenti più sinceri e profondi della mia vita, e al tempo stesso quelli dove ho raccontato il maggior numero di cazzate alla gente.
Per questo sono convinto che fra le due esperienze non ci siano troppi gradi di separazione.» 

LA TRAMA

L’omicidio di un poliziotto, gli agenti pronti a tutto pur di sbattere in galera il colpevole, e un indiziato che ha minacciato di morte la vittima poche ore prima del delitto e che, soprattutto, non ha un alibi. Non c’è niente che l’avvocato milanese Lorenzo Ligas ami di più di un caso impossibile con un finale già scritto dagli inquirenti. Una sfida giocata sul filo del rasoio è tutto ciò che chiede in uno dei momenti peggiori della sua vita. Ligas è un eccellente professionista, ma ormai l’esistenza serena che gli pareva di avere di fronte si è irrimediabilmente ingarbugliata. Guardandosi indietro non sa dove siano andati a finire il marito innamorato, lo studente brillante divenuto socio di uno studio legale avviato, il padre presente. Forse in fondo all’ultimo bicchiere che si è scolato o nell’ennesimo incontro su Tinder che lo ha lasciato ancora più solo. Ora, però, ha la possibilità di riscattarsi: difendere Jack Zero, ex popstar e meteora della televisione italiana, cocainomane e colpevole ideale, è il modo per dimostrare alla ex moglie e ai suoi soci, ma soprattutto a se stesso, che vale ancora qualcosa. Una serie di false piste, di testimoni inattendibili e una Milano tutt’altro che ospitale lo porteranno a smontare i pregiudizi che la polizia ha costruito intorno al suo cliente e a scavare più a fondo. E, per una volta, quella fragilità che da anni mina la sua vita sarà la chiave per scoprire l’amara verità che si cela dietro al delitto.

Gianluca Ferraris ha creato un grandissimo nuovo personaggio, una voce caustica e dissacrante, un uomo pieno di contraddizioni e schiacciato dai rimorsi, ma anche un’anima con una sua purezza che resta con noi a lungo dopo aver chiuso il libro.

GIANLUCA FERRARIS, classe 1976, è genovese di nascita e milanese d’adozione. Giornalista, si è occupato a lungo di cronaca ed è stato docente all’Accademia del Giallo. Tra i suoi lavori precedenti, la trilogia di Gabriele Sarfatti, pubblicata per Novecento Editore (A Milano nessuno è innocente; Piombo su Milano, semifinalista al Premio Scerbanenco 2016; Shaboo, semifinalista al Premio NebbiaGialla 2018), e i podcast Pallone criminale (2019) e Mostri – I più feroci serial killer italiani (2020), distribuiti da Storytel. Perdenti inaugura un nuovo ciclo di storie che hanno per protagonista l’avvocato Lorenzo Ligas.

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